domenica 18 ottobre 2009

Gracias a Mercedes Sosa

Sarà stato 7 o 8 anni fa. Una calda serata in un' estate rovente romana. Il luogo: Fiesta, kermesse latinoamericana nella migliore tradizione del divertimentificio capitolino che puzza di esotico. Ma quella sera era in programma il concerto di Mercedes Sosa, la negra.

Era la prima volta che la vedevo dal vivo, nonostante conoscessi e amassi da tempo la sua musica. Sarebbe stata anche l'ultima. Mercedes se ne è andata qualche giorno fa, a 75 anni. Le sue ceneri, per suo volere, sono state parse in tre luoghi simbolo della sua vita: Tucuman, la provincia in cui è nata, Mendoza, vicino alla frontiera con il Cile in cui iniziò la sua carriera musicale, e Buenos Aires, la città che l'ha accolta.
Migliaia di persone, provenienti da tutta la nazione, hanno partecipato ai suoi funerali. Una città intera, Buenos Aires, si è fermata per un giorno per rendere omaggio, in mille modi, alla cantora del pueblo argentino. Alle esequie ha partecipato la presidenta Christina Kirchner e messaggi di cordoglio sono arrivati dai presidenti di Venezuela, Bolivia, Brasile, Cile e tanti altri. Quel giorno, sopratutto, l'ha salutata il suo popolo e con lui, i popoli di un continente intero che attraverso la sua musica, ha pianto e sperato, sempre lottando.
Mercedes ha condiviso con i suoi popoli ogni tratto distintivo dell'identità latinoamericana: le origini indigene, la povertà, la ferocia delle dittature militari, l'esilio, la resistenza tenace. E a tutto questo Mercedes, la negra, ha dato voce e musica. E ha trascinato la sua voce, quella dei sin voz, potente e inconfondibile, per tutto il pianeta e per generazioni. Ha cantato la rabbia e il dolore, la gioia e la cultura di un continente intero. Ha cantato per tutti e con tutti, dai nomi più noti del panorama musicale mondiale, ai più sconosciuti. La sua voce ha dato voce a scrittori e poeti latinoamericani che con lei hanno raccontato quel continente gioioso e disperato, da Eduardo Galeano a Violetta Parra. Le sue canzoni più belle da Gracias a la vida a Solo le pido a Dios sono state cantate da tutti. E lei, più dei premi e delle onorificenze, ha gioito dell'amore di chi l'ha cantata, degli uomini e delle donne umili che hanno resistito e lottato contro le ingiustizie e la barbarie latinoamericane.
Nelle immagini del suo funerale, una folla immensa di quella gente occupa le avenidas di Buenos Aires, piangendo e cantando, e un coro, più di ogni altro si staglia, rimbalzando da una via all'altra, la negra no se va.
Quella folla mi ha riportato alla mente quel concerto di vari anni fa a Roma. Quello che mi è rimasto impresso di quella sera, è non solo la sua voce calda e potente, ma il suo pubblico. A Fiesta quella sera si ritrovarono insieme tutte le comunità di immigrati latinoamericani, e ogni sua canzone venne cantata da tutti. Lei li salutò paese per paese e loro la ricambiarono agitando la bandiera. Vicino a me c'era una famiglia con bambini di varie età. Proprio accanto a me, uno di loro, di 13 0 14 anni, vestito da hip hop, alla maniera di qualsiasi altro adolescente italiano. Lui se ne è stato lì, fermo, senza ballare o agitarsi. Ha cantato. Tutte le canzoni. Dalla prima all'ultima parola di ognuna delle sue canzoni.
Questo è il ricordo che ho di Mercedes: un ragazzino sparuto, dentro a dei jeans troppo grandi, che canta el canto de todos.

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